PARCO NATURALE REGIONALE DI ROCCAMONFINA E FOCE DEL GARIGLIANO

Il Parco ha una estensione di circa 11.000 ettari e l'intera area è dominata dal vulcano spento di Roccamonfina ed ha come limite geografico il fiume Garigliano. Il corso del fiume ha scavato il suo alveo fluviale tra i terreni vulcanici del Roccamonfina ed i terreni calcarei dei Monti Aurunci. Il Vulcano di Roccamonfina è il più antico complesso vulcanico della Campania, con le attuali dimensioni di 450 kmq è il quarto vulcano d'Italia ed il quinto per altitudine (1.006 m.). Strutturalmente assomiglia molto al Vesuvio, ma ne è molto superiore per dimensioni avendo un diametro di oltre 15 km, e possiede una cerchia craterica esterna di circa 6 km di diametro al cui interno si trovano i coni vulcanici del Monte Santa Croce e del Monte Làttani, formatisi in epoche successive. Il vulcano di Roccamonfina si formò in seguito ad uno sprofondamento che rese la crosta terrestre più sottile e dunque favorì la salita del magma, circa 630.000 anni fa. Nel giro di 300.000 anni si era creato un enorme cono alto 1.800 metri, valutabili osservando la pendenza dei fianchi vulcanici esterni, formato soprattutto dalla roccia di natura piroclastica la Tefrite. Questa roccia si può oggi vedere lungo il sentiero che porta all'Orto della Regina, dove le stesse mura ciclopiche sono di Tefrite. Tutt'intorno sorsero altre bocche vulcaniche, di dimensioni ridotte ma non per questo con minore intensità eruttiva, come il Monte Ofelio nel settore sud-ovest. Il crollo di gran parte del grande cono terminale troncò il vulcano formando una ampia conca detta Caldera, e all'interno di questa si formò un lago, come avvenuto anche nei vulcani laziali. In breve tempo una nuova fase eruttiva colmò parzialmente la caldera formando al centro i due domi di Monte Santa Croce (1.005 m.) e Monte Làttani (810 m.). La crescita del vulcano bloccò per unfoto di roberto pellino certo periodo il naturale sbocco a mare sia del fiume Garigliano sia del fiume Volturno. Il corso del Volturno venne deviato, infatti, progressivamente verso sud-est finché non fu forzato a trovare una nuova via passando a nord dei Monti di Pietravairano e ad est dei Monti di Baia e Latina, raggiungendo il suo corso attuale. Il Garigliano invece non aveva altra via d'accesso al mare e l'intero bacino a monte si trasformò in quello che fu uno dei più grandi laghi dell'Italia peninsulare, il lago Lirino. L'erosione della soglia attraverso lo stretto di Suio svuotò il lago intorno a 200.000 anni fa, conferendo al Garigliano l'aspetto odierno. In epoca romana, e probabilmente fino al medioevo, dai materiali lavici eruttati dal vulcano di Roccamonfina si ricavavano le pietre molari per le macine da cereali e per i frantoi diffuse in tutta la Campania e visibili ancora a Pompei. I primi insediamenti nell'area vulcanica risalgono al VI° secolo a.C. e sono attribuiti al popolo degli Ausoni o Aurunci, e gli unici resti di tale popolo sono rinvenibili nelle "mura megalitiche" site sul Monte La Frascara e sul Monte Santa Croce. Tali costruzioni, dovevano probabilmente servire al popolo degli Ausoni come osservatorio militare data la loro posizione strategica sul territorio. I principali aspetti della fauna locale sono comuni a molte zone collinari e di bosco sub-montano della Campania. I monti di Roccamonfina, caratterizzati da zone boschive, presentano come tipici esponenti dell'avifauna: il cuculo, foto di roberto pellinoil picchio, la poiana, il gheppio, la civetta, l’allocco, il gufo comune. Il merlo, il corvo, la gazza, il tordo e molte specie di passeriformi. Tra i mammiferi troviamo: il riccio, la lepre, il tasso, la volpe, la faina. Tra i rettili è molto diffusa la vipera comune, la vipera dell'Orsini, l'orbettino. Tra gli invertebrati si nota la massiccia presenza di Ortotteri, Coleotteri e di Imenotteri. La vegetazione dell'area in cui si estende il Parco, a partire da circa 400 m., è caratterizzata dalla presenza massiccia di "frutteti da castagno" e da boschi cedui. Il bosco di castagno associato spesso a cerro (Quercus cerris) ed acero (Acer acer), riveste le pendici del Monte Santa Croce e l'intera zona del Parco. Se la flora arborea è piuttosto omogenea, il sottobosco diviene, durante il periodo primaverile, una esplosione di colori con crochi, bucaneve, primule, anemoni, viole e sul finire della stagione primaverile fanno la loro comparsa le orchidee. A quote meno elevate, fino a circa 400 m. le associazioni vegetali del bosco di leccio hanno ormai, a causa della forte pressione antropica, lasciato il posto alla tipica alleanza delle coltivazioni a oliveti ed a vigneti. La macchia mediterranea è presente con forme arbustive come il corbezzolo, il mirto, l'erica arborea ed al limite della zona di macchia e boschetto misto, costituito da roverella e cerro.




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disegnato da giulio martino